INNAMORARSI DEL TERAPEUTA, ll transfert in breve

Un comune cliché che riguarda la Psicoterapia prevede che il paziente, ad un certo punto del percorso terapico, si innamori del suo terapeuta.

Non si tratta di vero e proprio innamoramento, bensì di un fenomeno più complesso che non sempre riguarda sentimenti positivi come l’amore e l’affetto, e che viene definito in Psicoanalisi con il termine Transfert.

Transfert, di cosa si tratta?

Il Transfert indica l’insieme di sentimenti e pulsioni che possono svilupparsi nel paziente nei confronti dell’analista durante il percorso terapeutico.

Il Transfert è un fenomeno inconscio in cui vengono trasferiti sull’analista sentimenti sperimentati dal paziente verso altre persone spesso significative della sua vita come, ad esempio, i genitori o persone rilevanti dal punto di vista affettivo.

In genere il paziente vive queste emozioni come se fossero reali e riguardassero direttamente la persona del Terapeuta tanto da convincersi, nel caso di Transfert affettivo o erotico, di esserne realmente innamorato.

Tuttavia è proprio il processo che ha luogo nella stanza della terapia che riporta in scena copioni antichi e consente al paziente di sperimentare vissuti che sono connessi ad altre relazioni del passato e che vengono quindi proiettati inconsciamente sull’analista nel qui ed ora.

Transfert, non solo eros e amore

Esistono due tipologie di Transfert, che possono coesistere o addirittura alternarsi data la complessità delle emozioni umane che non sono mai caratterizzate da emozioni pure ma che vedono la coesistenza di vissuti anche di segno opposto.

Transfert positivo: caratterizzato da sentimenti favorevoli quali tenerezza, affetto, ammirazione, idealizzazione e, talvolta, erotizzazione nei confronti dell’analista;

Transfert negativo: che sollecita invece sentimenti quali aggressività, gelosia, invidia e competitività, tipici in pazienti che spesso hanno sperimentato in passato umiliazione nelle relazioni significative e proiettano sul terapeuta ostilità e paranoia.

Il ruolo del transfert

I primi studi sulla Transfert lo ritenevano negativo per il percorso di analisi considerandolo come una sorta di resistenza al cambiamento, dal momento che portava la persona a replicare all’interno della relazione di cura modalità relazionali disfunzionali del passato.

Successivamente il Transfert è stato invece considerato uno strumento necessario per superare le resistenze.

Infatti l’analisi del transfert è fondamentale per far emergere, e quindi elaborare, eventuali conflitti psichici e relazionali del paziente.

È bene comunicare il proprio transfert al terapeuta?

Assolutamente si, in un clima di fiducia e di alleanza terapeutica che ci si auspica possa instaurarsi nel corso del percorso terapico, il paziente deve sentirsi autorizzato a verbalizzare sentimenti e percezioni anche se ritenuti potenzialmente “scomodi”.

Tutto il materiale prodotto e condiviso spontaneamente dal paziente in seduta è funzionale all’analisi per promuovere la consapevolezza della persona rispetto al suo mondo psichico.

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PARAFILIE E DISTURBI PARAFILICI, cosa sono e quando preoccuparsi

La sessualità è certamente una dimensione caratterizzata da grande variabilità in termini di pratiche, gusti e preferenze.

Vi sono casi in cui gli interessi sessuali della persona si discostano da quelli riconosciuti dal senso comune e dalla cultura di appartenenza, e possono risultare strani, atipici e, talvolta, un po’ perversi.

Nella precedente nomenclatura della malattie mentali si parlava infatti di Perversioni Sessuali, ora sostituite a livello di classificazione diagnostica nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) con il termine più neutro PARAFILIE.

Parafilia o disturbo parafilico?

Il termine parafilia si riferisce a “qualsiasi intenso e persistente interesse sessuale diverso dall’interesse sessuale per la stimolazione genitale o i preliminari sessuali con partner umani fenotipicamente normali, fisicamente maturi e consenzienti” (APA, 2013, p. 795).

Un disturbo parafilico si definisce invece come “una parafilia che, nel momento presente, causa disagio o compromissione nell’individuo o una parafilia la cui soddisfazione ha arrecato, o rischiato di arrecare, danno a se stessi o agli altri” (APA, 2013, p. 796).

Una parafilia quindi non necessariamente richiede un intervento terapico. Ciò che determina il cut-off tra sano e patologico è la percezione della persona di disagio unita alla ripercussione del sintomo su attività quotidiane e a danno di terzi.

La parafilia, per essere considerata tale in termini diagnostici, deve durare almeno sei mesi e devono essere presenti impulsi sessuali, fantasie o comportamenti specifici ed eccitanti sotto il profilo sessuale.

Perché si sviluppa una parafilia?

Nello sviluppo della parafilia sembrano essere coinvolti aspetti sul versante personologico, evolutivo esperienziale e/o traumatico.

Lo psichiatra George R. Brown individua tre elementi che potenzialmente concorrono allo sviluppo della parafilia: un trauma emotivo, in genere vissuto nella prima infanzia, un’esposizione prematura a esperienze sessuali intense e una modalità di eccitazione duratura nel tempo connessa a oggetti o pratiche specifiche.

Quali disturbi parafilici esistono?

L’attuale classificazione raccolta nel DSM-5 elenca diversi tipi di disturbi parafilici:

  • Disturbo esibizionistico: l’eccitazione è legata all’esibizione dei propri genitali a una persona estranea e a sua insaputa
  • Disturbo feticistico: prevede l’interesse/eccitazione sessuale per parti del corpo non genitali o oggetti inanimati
  • Disturbo frotteuristico: l’eccitazione deriva dal toccare o strofinarsi contro una persona non consenziente
  • Disturbo pedofilico: attività sessuale con bambini generalmente di 13 anni o più piccoli. Il soggetto pedofilo deve avere almeno 16 anni ed essere di almeno 5 anni maggiore del bambino con cui intrattiene attività sessuali
  • Disturbo da masochismo sessuale: l’eccitazione sessuale è connessa all’essere umiliati, picchiati o dal subire vessazioni di diverso tipo
  • Disturbo da sadismo sessuale: la persona sperimenta eccitazione sessuale in risposta alla sofferenza psicologica o fisica della sua vittima
  • Disturbo da travestitismo: l’eccitazione deriva dall’indossare indumenti caratteristici del sesso opposto (cross-dressing).
  • Disturbo voyeuristico: fantasie ed eccitazione legate dall’atto di osservare un soggetto non consenziente mentre è nudo, si spoglia o è impegnato in attività erotiche o sessuali.

Quando rivolgersi allo specialista? 

Se la persona che si confronta con la parafilia percepisce un disagio significativo ed associa la ricerca del piacere a modalità disfunzionali e potenzialmente dannose per se stesso o per altri rivolgersi a un professionista è la scelta preferibile.

La psicoterapia integrata alla Terapia Sessuale può facilitare infatti la persona a comprendere ed elaborare il disturbo parafilico e aiutarla a sviluppare strumenti mirati per gestirlo.

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LA TEORIA TRIANGOLARE DELL’AMORE, la conosci?

Che amore stai vivendo? Come dovrebbe essere la tua relazione ideale?

Percepisci uno scarto significativo tra la relazione che stai vivendo (reale) e quella che vorresti avere (ideale)?

Lo psicologo americano Robert Sternberg negli anni 80′ elaborò La Teoria Triangolare dell’Amore sostenendo come nel rapporto amoroso potessero essere individuate tre componenti:

(1) Passione, intesa come l’insieme degli aspetti pulsionali e tutto ciò che riguarda l’attrazione fisica e la sessualità.

(2) Intimità, ovvero la capacità di comunicare al partner i propri bisogni, ascolto reciproco e vicinanza emotiva.

(3) Impegno, inteso come progettualità condivisa e obiettivi comuni rispetto alle scelte di vita anche di tipo istituzionale (matrimonio, figli…).

La combinazione che vede presenti tutti e tre gli aspetti rappresenta, secondo Sternberg, l’Amore Perfetto o Amore Vissuto, ovvero la condizione ottimale a livello relazionale di coppia.

Come Terapeuta di coppia ritengo difficile stabilire quali siano gli ingredienti magici capaci di far durare un rapporto nel tempo e garantire in maniera universale l’armonia relazionale.

Ogni rapporto vede infatti l’incontro e incastro di bisogni soggettivi, e data l’unicità che caratterizza l’essere umano ogni coppia può trovare il suo equilibrio in un determinato schema relazionale che magari differisce completamente da quello caratterizzante tante altre coppie altrettanto funzionali.

La soddisfazione della relazione dipende dal grado in cui riusciamo a soddisfare i bisogni individuali attraverso la relazione di coppia, accettando un compromesso che non comporti eccessiva frustrazione rispetto a ciò che a livello soggettivo è ritenuto importante.

Se considero la sessualità un elemento importantissimo nella coppia forse faticherò a trovare un appagamento relazionale se mi accompagno ad un partner completamente disinteressato al sesso, la sfida in questi casi, per evitare crisi o rotture relazionali, è quella di trovare una configurazione accettabile per entrambi i partner.

A mio avviso la componente dell’Intimità, intesa come capacità di ascolto, comunicazione e vicinanza emotiva, è necessaria all’interno del rapporto anche per risolvere eventuali conflitti legati agli altri due ambiti (Passione e Impegno).

Willy Pasini (2004) attribuisce alla relazione riuscita una colorazione: l’arancione, la tinta, a detta dello psichiatra, dei sentimenti generosi e dell’incoraggiamento, sottolineando come nelle coppie consolidate, a differenza di coppie conflittuali, sia sempre individuabile un’area di fiducia fatta di ascolto reciproco, premure e condivisione emotiva. 

Bibliografia

Pasini, W. (2004) La vita a due: La coppia a venti, quaranta e sessant’anni, Mondadori, Milano.

Sternberg R.J. (2014) La freccia di Cupido, Come cambia l’amore: teorie psicologiche, Erickson, Trento.

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TERAPIA DI COPPIA, 4 cose da sapere

La terapia di coppia è da considerarsi sempre un’opportunità di crescita nella direzione di una maggior conoscenza di Sé e dell’Altro.

La coppia è l’oggetto di terapia e rappresenta il target di cura, ma nel corso del processo terapico la persona ha in parallelo l’occasione di esplorarsi singolarmente e di sviluppare consapevolezza rispetto al proprio funzionamento psichico.

Spesso i pazienti mi chiedono chiarimenti rispetto a questo tipo di intervento che è sempre oggetto di curiosità, sia relativamente alle modalità che ai benefici effettivi.

Ecco qui 4 delucidazioni che forse rispondono ai tuoi interrogativi rispetto alla terapia di coppia:

Terapia o consulenza di coppia, quali differenze?

La presa in carico della coppia parte sempre preliminarmente con un incontro di consulenza, utile al clinico per inquadrare il problema percepito e impostare l’intervento più adatto.

Talvolta quando la problematica è superficiale, può essere sufficiente un ciclo breve di consulenze per facilitare entrambi i partner nel trovare una soluzione che possa risanare conflitti interni al rapporto.

Quando la crisi è più profonda è consigliato invece un percorso di terapia, che in genere comporta tempi più lunghi ed esplora più in profondità le dinamiche individuali e relazionali.

Come funziona la terapia di coppia?

Il percorso di coppia prevede, a seguito di una prima consulenza che vede nella stanza della terapia presenti entrambi i partner, colloqui individuali alternati a sedute di coppia.

I colloqui individuali sono funzionali nella misura in cui garantiscono a ciascun partner uno spazio privato in cui poter esplorare senza censure il proprio vissuto e punto di vista personale rispetto al problema percepito.

Percorso di coppia, quali benefici?

L’intervento rivolto alla coppia apporta numerosi benefici, che possono riassumersi in maggior consapevolezza dei propri bisogni e di quelli del partner, miglioramento della capacità di comunicazione, riconoscimento e verbalizzazione dei propri vissuti emotivi, sviluppo di abilità di Problem Solving, incremento della vicinanza emotiva tra partner.

Il percorso può essere anche circoscritto alla sfera sessuale, quando la coppia si confronta con un problema sessuologico specifico e fatica a trovare una soluzione risolutiva.

L’obiettivo del percorso di coppia e’ sempre quello riparativo rispetto alla relazione?

Non necessariamente, l’obiettivo della terapia di coppia è quello di trovare la soluzione migliore in corrispondenza ai bisogni di ciascun partner.

Molte volte può esser attivata una terapia di coppia anche per ripristinare l’armonia in casi di separazione, quando ad esempio sono coinvolti figli minori, o per facilitare il processo di separazione in casi in cui la coppia decide di lasciarsi ma uno o entrambi i partner vengono assaliti da paure di diversa natura.

Un percorso di questo tipo è consigliato quindi in tutti i casi in cui la coppia necessita di aiuto per gestire una situazione di conflitto o crisi.

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DISTURBO DA AVVERSIONE SESSUALE, sintomi e terapia

Ansia, disgusto e repulsione sono i vissuti emotivi che caratterizzano il Disturbo da Avversione Sessuale.

Tale disturbo non deve essere confuso con il Disturbo del Desiderio Sessuale Ipoattivo: il paziente che riporta scarso o nullo desiderio sessuale non ricerca attivamente stimoli sessuali e non ha frequenti fantasie erotiche ma, se stimolato, è solitamente responsivo nell’essere coinvolto in attività sessuali.

Nel Disturbo da Avversione Sessuale invece, la persona sviluppa una vera e propria repulsione fobica rispetto al sesso, che può riguardare qualcosa di circoscritto, come la visione o il contatto diretto con i genitali, attività sessuali specifiche, oppure coinvolgere tutta la sfera connessa alla sessualità.

Come si manifesta?

In genere il disturbo è caratterizzato da intensi stati ansiosi legati all’attività sessuale, che viene percepita come qualcosa di negativo e ripugnante.

La persona mette in atto come meccanismo difensivo l’evitamento, ovvero tende ad evitare tutte quelle situazioni che potrebbero esporlo a situazioni legate al sesso.

Nei casi più gravi il paziente può sviluppare malessere o ansia anche solo al pensiero della nudità, dei genitali o di essere coinvolto in attività sessuali.

Da cosa dipende?

Il Disturbo da Avversione Sessuale può sorgere sin dalla prima infanzia o manifestarsi in un secondo momento nel corso dello sviluppo emotivo e sessuale della persona.

Le cause possono essere molteplici: il disturbo può essere legato a eventi traumatici connessi o meno alla sessualità, difficoltà relazionali, confusione rispetto al proprio orientamento sessuale o svilupparsi a seguito di momenti di forte stress emotivo individuale o di coppia.

Quale terapia per il disturbo da avversione sessuale?

Il trattamento clinico può assumere forme diverse a seconda della gravità del disturbo e della cause individuate.

In caso di trauma può essere attivata una terapia EMDR volta ad aiutare il paziente alla rielaborazione del vissuto traumatico.

Se fosse individuata una fobia specifica, come ad esempio l’avversione per i genitali, il percorso terapico prevede una desensibilizzazione allo stimolo fobico e rielaborazione dei vissuti negativi connessi allo stesso.

Nei casi invece le cause siano attribuibili al contesto relazionale con il partner può essere funzionale intraprendere un percorso di coppia.

Una consulenza preliminare con lo Specialista è sempre consigliata per ricevere una corretta diagnosi e impostare il trattamento terapico più adatto.

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INSICUREZZA SESSUALE, 3 paure diffuse

Le persone che intraprendono una Terapia Sessuologica non necessariamente si confrontano con una disfunzione sessuale, bensì percepiscono che qualcosa non va nella loro sfera intima tanto da vivere la sessualità con una sorta di freno o di resistenza.

In molti casi si tratta di vera e propria Insicurezza Sessuale che può strutturarsi come una paura legata a dimensioni specifiche connesse all’Intimità.

Quali sono le insicurezze sessuali più diffuse?

INSICUREZZA CONNESSA ALLA PAURA DI PERDERE IL CONTROLLO

Il timore di lasciarsi andare durante il rapporto sessuale è comune e può avere cause diverse.

Educazione familiare rigida, aspetti personologici sul versante narcisistico o ossessivo, eventi traumatici, criticità relazionali o crisi all’interno della coppia, possono essere alcuni fattori responsabili della sensazione di blocco che riporta il paziente e che non gli permette, di fatto, di lasciarsi andare durante i rapporti.

In questi casi è necessario un inquadramento clinico accurato per valutare se l’intervento debba includere la coppia o se invece sia preferibile una psicoterapia individuale.

L’obiettivo è quello di facilitare la persona a prendere contatto con il suo mondo psichico esplorando i vissuti che mantengono la resistenza, con la finalità di aiutarla a comprenderla e scioglierla.

INSICUREZZA LEGATA AL TIMORE DEL GIUDIZIO RISPETTO ALLA PROPRIA COMPETENZA SESSUALE

La paura del giudizio può riguardare la percezione di non essere sufficientemente bravi a letto, e può innescare nella persona sintomatologie ansiose, ipervigilanza e vissuti di inadeguatezza che possono manifestarsi anche durante la fase di preliminari.

L’insicurezza rispetto alle proprie capacità sessuali porta la persona a vivere il sesso come un banco di prova per dimostrare il proprio valore in termini identitari.

In alcuni casi la persona sente di valere a livello sessuale solo nella misura in cui riesce a dare piacere all’altro, sviluppando un iperfocus sulla soddisfazione del partner. Questo eccesso di altruismo la porta a sganciarsi dall’esperienza erotica e a vivere l’incontro unicamente con questa finalità.

In questi casi talvolta è sufficiente un intervento di psicoeducazione attraverso una consulenza psicosessuologica mirata, in altri invece è preferibile attivare un percorso psicoterapico individuale o di coppia per comprendere l’origine del disagio e impostare l’intervento clinico più adeguato.

INSICUREZZA LEGATA ALL’INADEGUATEZZA RISPETTO ALLA PROPRIA IMMAGINE CORPOREA

Entrare in intimità con l’altro implica necessariamente un buon rapporto con il proprio corpo, vissuti di vergogna o sentimenti di autosvalutazione rispetto alla propria immagine corporea influiscono negativamente sulla sessualità di coppia.

La persona infatti vivrà il rapporto con forte disagio e si sentirà bloccata nel lasciarsi andare completamente.

In questi casi può essere indicato un intervento terapico volto al ripristino dell’autostima, accettazione e valorizzazione di sé.

Ogni paura specifica che implica insicurezza sessuale necessita di un accurato inquadramento clinico per comprendere l’impostazione dell’intervento terapico più adeguato, pertanto una prima consulenza di confronto con il Professionista è suggerita per ricevere una diagnosi corretta e capire quale possa essere il percorso più funzionale.

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PORNOGRAFIA E SALUTE SESSUALE, pro e contro

Ogni anno Pornhub.com, il celebre sito canadese di video pornografici gratuiti, pubblica un report statistico sulle principali tendenze rispetto alla fruizione dei filmati nei vari paesi del mondo.

Nel 2022 l’Italia compare come sesto paese nel mondo per numero di visite.

Gli italiani sembrano quindi fare un utilizzo importante del porno nonostante il tema della pornografia risuoni in maniera molto diversa nelle persone evidenziando atteggiamenti opposti: chi si mostra sereno rispetto alla fruizione, e chi invece lo considera come qualcosa di osceno, lontano dalla vita reale e ne è imbarazzato solo al pensiero.

In qualità di Sessuologa clinica mi capita spesso, durante le consulenze, di rispondere alla domanda rispetto a quanto la pornografia possa essere funzionale o meno alla nostra salute sessuale.

Ad oggi non vi sono evidenze scientifiche che dimostrano effetti negativi significativi a lungo termine secondari alla visione di materiale pornografico, ovvero non è chiaro come cambia la sessualità e come vengano modificate le relazioni intime in risposta alla fruizione del porno.

Tuttavia la relazione tra salute sessuale e pornografia è controversa e presenta pro e contro:

PRO

  1. Supporta la masturbazione, nell’autoerotismo ricorrere al porno è pratico e veloce data la facile reperibilità in rete;
  2. Stimola l’evasione attraverso un’ampia scelta di scenari e situazioni differenti, spesso difficilmente replicabili nel reale;
  3. Consente l’autoesplorazione e amplia la consapevolezza sessuale, permettendo alla persona di interfacciarsi con stimoli diversi che possono agire diversamente sulla sua risposta eccitatoria;
  4. Ravviva la sessualità di coppia, l’utilizzo del porno con il partner può stimolare l’intimità di coppia e l’eccitazione reciproca.

CONTRO

  1. Mortifica la fantasia spontanea, le immagine esplicite penalizzano la produzione di scenari erotici disabituando progressivamente la persona all’immaginazione;
  2. Può promuovere lo sviluppo di disfunzioni sessuali, il modo in cui viene consumato il porno, solitamente nella fretta e in una modalità individuale orientata esclusivamente alla soddisfazione del proprio piacere, può innescare problematiche nella risposta orgasmica;
  3. Innalza la soglia, lo stimolo spesso eccessivo che caratterizza il porno non è facile da replicare nel reale e alza significativamente la soglia di eccitazione. La persona ha quindi bisogno di stimolazioni sempre più forti con possibili ricadute soprattutto rispetto al desiderio sessuale e alla risposta eccitatoria;
  4. Ansia da prestazione, le scene spesso proposte nel porno coinvolgono attori dal corpo perfetto, dimensioni del pene significative e prestazioni eccellenti che possono innescare vissuti di inadeguatezza con conseguente ansia da prestazione, giustificata dalla mancata corrispondenza agli standard proposti.

PORNO SI O NO?

L’utilizzo del porno non è dunque da demonizzare, al contrario un uso moderato può addirittura incidere in termini positivi sulla salute sessuale della persona.

E’ bene pensare che IL PORNO NON E’ LA VITA VERA, è che volontariamente tutto è estremizzato in maniera funzionale e spettacolare, deve perciò fungere da stimolo e NON diventare un modello imitativo.

L’utilizzo patologico del porno, in termini clinici la cosiddetta “Dipendenza da Pornografia”, prevede un uso compulsivo del materiale pornografico tanto da interferire con la vita quotidiana della persona influenzandone negativamente l’aspetto relazionale e la qualità generale di vita.

In questi casi rivolgersi a uno Psicoterapeuta Sessuologo può aiutare la persona a comprendere e a gestire la dipendenza in atto.

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2023 E BENESSERE PSICOLOGICO, 4 buoni obiettivi

Gennaio è l’occasione per fare un bilancio dell’anno appena concluso e predisporci all’anno nuovo con maggiori consapevolezze.

Nell’ultima seduta dell’anno invito sempre i miei pazienti a ricordare i momenti dell’anno passato più nutrienti dal punto di vista psicologico, gli incontri importanti, le scelte che si sono rivelate funzionali e le abitudini che hanno inciso positivamente sulla qualità della loro vita.

Spesso sono i momenti più critici che ci lasciano un insegnamento, costringendoci a metterci in discussione e a crescere a livello emotivo.

L’inizio di un nuovo anno è anche un’opportunità per “preparare il terreno” ai giorni futuri, per questo è importante darsi BUONI OBIETTIVI, per non perdere il focus e investire al meglio nell’anno che verrà.

I famosi buoni propositi spesso sfumano già a fine gennaio, poiché vengono pensati senza una vera consapevolezza di cambiamento.

Gli obiettivi ragionati ci permettono invece di non perdere di vista la meta che vogliamo raggiungere e ci impegnano in un processo costante di cambiamento di aspetti della nostra vita che non ci soddisfano più e che vogliamo migliorare.

4 buoni obiettivi in 4 aree di vita

Possiamo aiutarci nella scelta di un obiettivo buono e raggiungibile per noi orientandoci su quattro diverse aree del Sé

AREA RELAZIONALE

L’area delle relazioni è spesso la più mortificata, proprio per la complessità che caratterizza i rapporti interpersonali. Possiamo ripensare alle nostre relazioni con il partner, i figli o gli amici e capire quali rapporti necessiterebbero di più cura e attenzioni e su quali invece, forse, disinvestire.

AREA LAVORATIVA

Il nuovo anno è un occasione per migliorare il nostro modo di interfacciarci con la dimensione lavorativa. Comprendere se dedicarvici più tempo o allentare i ritmi, pensare a nuovo opportunità o, se non ci soddisfa il nostro lavoro e non abbiamo la possibilità di cambiarlo, trovare modalità alternative rispetto al modo di percepirlo e di viverlo.

AREA DEL PIACERE

Come trascorri il tuo tempo libero? Ti stai dedicando a qualcosa che ti soddisfa davvero, che ti diverte o ti rilassa? Ripensare dunque alle attività e alle buone abitudini che consentono di allentare la tensione della settimana dandosi un obiettivo da difendere con costanza.

AREA DELLA CRESCITA PERSONALE

Ogni anno è un’occasione per crescere sotto il profilo individuale: affrontando una sfida, frequentando un corso che ci piace, visitando un luogo nuovo, e facendo tutte quelle esperienze che ci consentono di crescere e superare i limiti che pensavamo di avere.

2023: regalati un percorso psicologico

Un nuovo anno può essere anche l’occasione per iniziare un percorso psicologico, per affrontare meglio difficoltà nelle diverse aree del Sé, come criticità relazionali o lavorative, o semplicemente per esplorarsi e sviluppare maggiore consapevolezza rispetto al proprio modo di funzionare.

Individua 4 buoni obiettivi per te e perseguili con costanza… Buon anno all’insegna del tuo benessere psicologico!

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SESSUALITA’ MASCHILE: se lei è bella lui va in crisi. Lo conferma la Scienza

L’ansia da prestazione sessuale maschile risente di fattori diversi, e sembra intensificarsi quando l’uomo si confronta sessualmente con una partner che percepisce essere molto attraente.

Se da un lato il confronto sessuale con una donna considerata sexy agirebbe sulla risposta sessuale maschile intensificando desiderio ed eccitazione sessuale, dall’altra proprio l’avvenenza fisica della partner incentiverebbe nell’uomo l’innesco di vissuti ansiosi.

Niente di nuovo, a detta dei miei pazienti uomini, una donna molto bella infatti sembrerebbe esporre maggiormente l’uomo al timore del giudizio e alla possibilità di perdere qualcosa percepito come di valore e, in un’ottica evoluzionistica, difficile da reperire con facilità.

In tal senso il timore di fallire sessualmente con conseguente perdita della donna dei sogni aumenterebbe il disagio percepito con ricadute negative sulla performance sessuale maschile.

Lo studio scientifico

L’equipe di ricercatori dell’Università di Radboud, nei Paesi Bassi, diretta dal professor S.Nauts sembra fornire un’evidenza scientifica a sostegno di questa tesi.

Gli scienziati hanno infatti invitato un gruppo di uomini eterosessuali a svolgere il test di Stroop, un test cognitivo che indaga le capacità attentive e di concentrazione rilevando i tempi di risposta al compito.

Il test consiste nel chiedere ai soggetti di pronunciare a voce alta il colore dell’inchiostro con cui sono scritti nomi di colori che appaiono in maniera randomica sul monitor di un computer.

La criticità del compito risiede nel fatto che vi è un’incongruenza tra il nome del colore che appare e la tinta con cui è scritto.

I soggetti devono riportare il colore, che è l’informazione rilevante, senza farsi distrarre dal nome indicato dalla scritta. Ad esempio, appare la scritta “BLU” in tinta rossa, e i soggetti devono nominare la tinta, quindi il rosso, senza farsi confondere dal nome riportato.

Dopo una prima fase sperimentale è stato inserito uno stimolo distraente ovvero una donna molto attraente che guardava il soggetto da una webcam mentre svolgeva il compito.

E’ bastata la sola esposizione allo stimolo sexy per far crollare le prestazioni al compito di tutti gli uomini testati, aumentando significativamente i tempi di risposta al test.

Sembra infatti che la percezione di una donna attraente che li guardasse mentre svolgevano un test di concentrazione agisse sugli uomini testati come distrazione ambientale intensa andando ad incidere sugli ormoni dello stress, come il cortisolo, e influenzando in termini peggiorativi la prestazione.

Allo stesso modo lo stress inibisce la risposta sessuale maschile andando ad agire direttamente sull’emotività con una ricaduta negativa sulla performance sessuale, nello specifico sulla funzionalità erettile e sulla durata (latenza eiaculatoria).

Emotività e sessualità

La nostra emotività nell’ambito dell’intimità ha un ruolo importantissimo e condiziona significativamente la risposta sessuale.

Un percorso Psicosessuologico può supportarci a sviluppare consapevolezza rispetto ai vissuti che si attivano durante il rapporto e facilitarci nella gestione degli stati emotivi che possono concorrere a invalidare la performance sessuale.

Se da un lato dunque arriva la conferma della Scienza, dall’altro non si deve perdere la speranza rinunciando a priori a sperimentarsi sessualmente, soprattutto se dovesse capitare con la donna dei propri sogni.

Bibliografia

Nauts S, Metzmacher M, Verwijmeren T, Rommeswinkel V, Karremans JC. The mere anticipation of an interaction with a woman can impair men’s cognitive performance. Arch Sex Behav. 2012 Aug;41(4):1051-6. Epub 2011 Nov 1.

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TIMORE DEL FALLIMENTO SESSUALE, gestisci il tuo inner game

“L’avversario che ciascuno ha nella sua testa è più forte di quello che sta dal lato opposto della rete”

Secondo la teoria dell’Inner Game, messa a punto da Timothy Gallwey, allenatore di tennis poi approdato al mondo del coaching, ogni sportivo gioca in primis una partita contro se stesso tra due parti psichiche in contrapposizione:

Il Sè Pensante (Sé 1) ovvero la parte di noi più critica, che valuta, giudica e analizza e il Sé Agente (Sé 2) che rappresenta la parte di noi più pura e istintiva.

Il problema nasce quando il nostro Sé 1 prende il sopravvento sul Sé 2 e lo carica di pressioni eccessive che comportano delle vere e proprie interferenze disfunzionali che compromettono la prestazione, come, ad esempio, la paura del fallimento.

L’equazione messa a punto da Gallwey è che la Performance in termini di successo si raggiunga gestendo la relazione tra queste due parti in maniera funzionale, in modo da limitare l’influenza negativa della nostra parte ipercritica su quella invece più istintiva: “Performance = potenziale – interferenze“:

Inner game e paura del fallimento sessuale

La paura del fallimento sessuale nasce da pensieri disfunzionali, che possono dipendere o meno da esperienze passate considerate fallimentari, e che alimentano un circolo vizioso in cui la persona si interfaccia al rapporto attivando il proprio Sé 1 con pensieri quali “… Ora fallirai nuovamente/ Se non ha una buona prestazione sessuale non vali abbastanza/ Chissà cosa penserà di te la partner/ Farai di sicuro una brutta figura…”.

La paura del fallimento, nutrendosi proprio di questi pensieri catastrofici, può essere arginata attraverso la gestione del nostro Inner Game.

Gestire l’inner game in 4 mosse

  1. Ridimensiona le conseguenze di ciò che definisci come fallimento. Il fallimento ci fa paura perché prevediamo che le conseguenze del nostro agito saranno terribili e insostenibili, ma spesso ciò che immaginiamo potrebbe accadere non necessariamente si verifica poi nel reale. La paura del fallimento è perciò alimentata dalla previsione di scenari catastrofici che spesso non hanno nulla a che vedere con la realtà effettiva.
  2. Prendi consapevolezza del tuo Sé 1, individuando i pensieri tossici e le false credenze.
  3. Cambia il tuo dialogo interiore sostituendo i pensieri disfunzionali legati allo scenario catastrofico con pensieri neutri sospendendo il giudizio.
  4. Focalizzati sulle sensazioni corporee durante l’incontro sessuale e concentrati sul tuo qui ed ora, valorizzando il tuo Sé 2.

L’Inner Game è una suggestione che spesso rimando ai pazienti in terapia per far comprendere loro quanto molte volte è la testa che ci sabota e quanto la nostra parte giudicante sia la vera responsabile di una prestazione che riteniamo essere fallimentare, proprio perché la paura del fallimento aumenta, di fatto, la possibilità effettiva di fallire. 

Talvolta le cause che sottendono la paura del fallimento sessuale sono più radicate e riguardano aspetti psichici più complessi, non è sempre facile dunque gestire da soli il proprio Inner Game, in questi casi un percorso di Psicoterapia può rappresentare la scelta più indicata.

Bibliografia

Gallwey, W.T. (2013) Il Gioco Interiore nel Tennis. Come usare la mente per raggiungere l’eccellenza, Edizioni Ultra, Roma. 

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