EMPATIA. Un modo di essere con l’altro

L’empatia non è semplicemente la capacità di mettersi nei panni di un’altra persona, ma è un processo più complesso che coinvolge mente, cuore e anima.
È un modo di essere in relazione, un atteggiamento umano che permette di vedere e incontrare un altro diverso da sé.

L’empatia non è simpatia

L’empatia è la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui indipendentemente dal fatto che la persona che abbiamo di fronte ci ispiri simpatia. Ciò significa che possiamo essere empatici anche verso chi ci sta antipatico.

L’empatia è infatti un atteggiamento che coinvolge non solo la capacità di immedesimazione, ma anche l’accettazione senza condizioni; essa implica una sospensione del giudizio che permette di accostarsi all’altro con rispetto e curiosità.

Consapevolezza e confini

Affinché possa compiersi l’esperire empatico è necessaria la capacità di differenziazione tra Sé e l’altra persona, ovvero una consapevolezza emotiva che consenta di distinguere tra vissuti propri e quelli che appartengono all’esperienza altrui.

Per non incappare in una condizione di fusionalità emotiva occorrono dunque due tipi di sguardi: uno rivolto all’esterno, orientato a cogliere l’esperienza emotiva di chi abbiamo di fronte, e uno concavo, più intimistico e di contatto con il proprio sentire, che consenta di restare stabili e di non farsi allagare eccessivamente dalle emozioni dell’altro.

“Empatia è percepire lo schema di riferimento interiore di un altro con accuratezza e con le componenti emozionali e di significato ad esso pertinenti, come se fossimo una sola persona – ma senza mai perdere di vista questa condizione del “come se.” Carl Rogers

L’empatia in psicoterapia

Secondo Carl Rogers, psicologo statunitense e padre dell’Approccio Centrato sulla Persona, l’empatia non è una condizione statica, bensì un processo dinamico, un fluire di esperienze e un modo di essere nell’incontro con un’altra persona.

Essere empatico, secondo Rogers, implica un incedere nel mondo dell’altro sicuro ma in punta di piedi, un atteggiamento esplorativo disinvolto ma al contempo prudente e rispettoso.
Comporta una ricettività fine che permette di cogliere e accogliere tutto ciò che la persona decide di condividere con noi, e una sensibilità percettiva e di cuore capace di intuire i non detti e i significati più sfumati della sua comunicazione.

Carl Rogers evidenzia come l’empatia assuma particolare rilevanza all’interno delle relazioni d’aiuto, compresa la psicoterapia.
Un clima empatico e accettante permetterebbe alla persona di sentirsi non solo accolta, ma anche più rilassata e disponibile verso il processo di cambiamento.
Il contatto con il flusso delle esperienze interiori, che viene favorito da un clima empatico e di fiducia, consente infatti l’abbandono di atteggiamenti difensivi, e promuove nell’individuo un maggior contatto con il suo mondo emotivo e i significati personali dell’esperienza.

Empatia è connessione

Carl Rogers evidenzia come l’empatia non si possa apprendere con metodi libreschi, ma richieda un saper essere nella relazione attivato da un interesse genuino nei confronti dell’altra persona in quanto essere umano.

Quando qualcuno condivide qualcosa di personale e magari doloroso con noi, essere empatici non significa affrettarsi nell’offrire soluzioni o tentare di rendere la sua situazione più rosea, essere empatici significa stare con l’altro, sostare sul suo vissuto e connettersi con lui.

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L’ASCOLTO ATTIVO, sai come farlo?

“Quando si viene ascoltati e intesi, situazioni confuse che sembrano irrimediabili si trasformano in ruscelli che scorrono relativamente limpidi”
Carl Rogers

Ascoltare attivamente la persona che sta comunicando con noi significa porsi nei suoi confronti in maniera autentica, non giudicante ed empatica.

L’ascolto attivo non è tanto una tecnica ma un atteggiamento, un modo di essere in relazione, un volerci essere per l’altro con intenzionalità, interesse genuino e calore umano.

Implica la capacità di comprendere quanto la persona ci riferisce prestando attenzione agli elementi verbali e non verbali; è importante infatti riuscire a cogliere gli aspetti di contenuto del messaggio, ma anche i sentimenti, le note emotive e i significati personali nascosti dietro le parole del nostro interlocutore.

Come fare un ascolto attivo?

INIZIA CON IL SILENZIO ATTIVO

Questo silenzio iniziale ha la funzione di incoraggiare la persona a esprimersi e a seguire il suo flusso di comunicazione naturale. La persona percepisce così di godere di uno spazio suo e questo le consentirà, di riflesso, di sentirsi accolta e riconosciuta nell’interazione.

OFFRI UNA PRESENZA DI QUALITA’

Significa impegnarsi nel far percepire alla persona la nostra volontà di esserci nell’incontro. Possiamo farlo attraverso segnali comunicativi che si avvalgono del canale non verbale come la postura, uno sguardo attento, cenni di assenso con il capo o sorrisi di incoraggiamento. Oppure utilizzando frasi di rinforzo che comunicano al nostro interlocutore che lo stiamo seguendo e che la nostra attenzione è focalizzata su di lui: “Capisco”, “Si, ti seguo”.

UTILIZZA LE TECNICHE

Sono interventi verbali che possono essere utilizzati in maniera opportuna all’interno dell’interazione:

LA REITERAZIONE: ripetizione di una singola parola o di una frase utilizzando gli stessi vocaboli del nostro interlocutore. Essa ha la funzione di uno specchio e permette alla persona di verificare le nostre capacità di ascolto. La persona si sente cosi accompagnata nella conversazione e percepisce che la stiamo seguendo nella sua narrativa.

IL RIFLESSO DEL SENTIMENTO: Consiste nell’individuare nel racconto del nostro interlocutore tutte le emozioni e i sentimenti espressi e rimandarglieli verbalmente. In questo modo si mette in risalto l’aspetto più emotivo di ciò che ci sta raccontando e il significato personale dell’esperienza: “Sento che sei molta arrabbiato per quello che ti è successo”, “Ti sento un pò triste per questa situazione”. Questi interventi sortiscono due effetti: aumentano la consapevolezza emotiva della persona e le consentono di contattarsi più in profondità.

PARAFRASI: Riformulazione con parole diverse di ciò che è stato espresso dalla persona restituendole il cuore del discorso. Esprime un atteggiamento di ascolto e di cura, e le lascia intendere che l’abbiamo ascoltata e compresa. Al fine di evitare fraintendimenti è bene chiedere conferma al termine di questo intervento, oppure si può iniziare la parafrasi partendo da interventi tipo: “Mi sembra di aver capito che”, “Correggimi se sbaglio”. In questo modo si lascia alla persona la possibilità di confermare o correggere quanto abbiamo intuito.

Evita le barriere della comunicazione

Dare ordini, minacciare, rassicurare, fare la predica, giudicare, ridicolizzare o minimizzare, interpretare, offrire consigli e soluzioni, sono tutti interventi che penalizzano l’interazione e rendono l’ascolto inefficace.

Talvolta utilizziamo questi interventi in modo inconsapevole, è importante perciò prestare attenzione ai nostri rimandi e alle modalità comunicative che mettiamo in atto all’interno delle nostre relazioni.

La magia dell’ascolto attivo

L’ascolto attivo è uno strumento potentissimo per gli effetti positivi che genera sul beneficiario:

  • Permette di appagare il bisogno umano di connessione laddove la persona, proprio attraverso l’esperienza di un ascolto attento e non giudicante, ha l’opportunità di sentirsi meno sola nel suo vissuto;
  • Un ascolto accogliente consente inoltre alla persona di abbassare le difese e sentirsi legittimata a condividere tutti i suoi sentimenti, anche quelli da lei considerati più spiacevoli, imbarazzanti o persino minacciosi;
  • La conferma del valore della persona nella sua totalità, che permette l’ascolto empatico, può creare un magico effetto domino laddove l’accettazione da parte di chi ascolta favorirebbe, di riflesso, l’autoaccettazione di chi viene ascoltato: “Se non sono giudicato dall’altro, forse anche io posso evitare di giudicare me stesso cosi negativamente”.

Apprendere l’ascolto attivo permette di avere uno strumento di comunicazione efficace all’interno delle interazioni quotidiane: nella relazioni di amicizia e di coppia con il partner, in ambito lavorativo con i colleghi o nelle interazioni genitore-figlio.

L’ascolto attivo permette di sviluppare relazioni più autentiche basate sulla fiducia e il rispetto reciproco.

Utilizzare un ascolto empatico, di orecchio e di cuore, significa essere capaci di creare uno spazio interiore per l’altro e uscirne dall’incontro arricchiti come persone.

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PIACERE FEMMINILE. Perché le donne fingono l’orgasmo?

La simulazione dell’orgasmo femminile, divenuta famosa grazie alla celebre scena del film del 1989 “Harry, ti presento Sally”, è un argomento che può suscitare imbarazzo e incomprensioni, soprattutto rispetto ai motivi per cui le donne ricorrerebbero alla cosiddetta finzione orgasmica.

Le ricerche più recenti in ambito sessuologico indicano che la percentuale di donne che hanno simulato almeno una volta nella propria vita l’orgasmo è compresa tra il 53 e il 67 % (Kaighobadi et al, 2012; Muelhenhard & Shippee, 2010).

I dati raccolti dall’indagine Erosfem di AISPA- Associazione Italiana Sessuologia Psicologia Applicata (2016), che ha indagato le abitudini sessuali di 1265 donne italiane, sembrano coincidere, indicando un 59% di simulazione. Questa ricerca ha individuato anche le motivazioni che spingerebbero le donne a simulare l’orgasmo, tra i motivi specificati dalle intervistate troviamo:

  • Non dover giustificare l’assenza di coinvolgimento con il partner;
  • Accellerare il raggiungimento dell’orgasmo del partner e poter cosi terminare velocemente il rapporto sessuale, per potersi dedicare ad altro o interrompere il dolore sperimentato durante la penetrazione;
  • Per mancanza di esperienza o conoscenza rispetto ai tempi di risposta sessuali.

Una studio condotta dalla dottoressa Erin Cooper e il suo gruppo di ricerca (2013), evidenzia sorprendentemente come alcune donne ricorrerebbero alla finzione orgasmica anche per attivare il proprio orgasmo. Queste donne infatti sfrutterebbero il potere erotizzante dei movimenti e dei gemiti della simulazione per raggiungere l’acme del piacere.

Tuttavia, le motivazioni principali delle donne alla base della finzione orgasmica sembrerebbero essere due, una di tutela nei confronti del partner e una di tutela verso se stesse

  • Non deludere il partner

Più della metà delle donne intervistate della ricerca Erosfem giustifica la finzione dell’orgasmo con la volontà di non recare delusioni al partner.

È interessante come la finalità altruistica possa essere facilmente compresa se si immagina il tipico atteggiamento maschile che vede l’uomo rivolgersi alla compagna al termine del rapporto con: “Ti è piaciuto?” segno, forse, di una vulnerabilità dell’uomo che ricerca nella soddisfazione sessuale della donna una conferma della propria virilità.

Ma simulare l’orgasmo per non deludere il partner rimanda anche a un atteggiamento di cura e protezione della donna che si preoccupa anche dell’ego sessuale del compagno, ponendo in secondo piano la propria soddisfazione.

  • Sentirsi adeguate sessualmente

Le donne fingono l’orgasmo non solo per motivazioni altruistiche verso il partner, ma anche a causa delle loro insicurezza e paure (Cooper et al, 2014; Bernorio & Passigato, 2016).

È stato rilevato come alcune donne ricorrano alla finzione orgasmica per mascherare la loro impossibilità di raggiungere l’orgasmo attraverso il rapporto sessuale penetrativo, questione che creerebbe in loro forte imbarazzo e vissuti di inadeguatezza.

Le donne quindi tenterebbero di nascondere il mancato raggiungimento dell’orgasmo attraverso vocalizzi e smorfie che simulano il raggiungimento del piacere. Simulare per sentirsi sessualmente adeguate, porta a riflettere sulla pressione sociale di prestazione che sembra investire anche le donne, che si sentirebbero perciò in difetto nell’apparire agli occhi del partner poco responsive a livello orgasmico.

Simulare l’orgasmo, soluzione o trappola?

Fingere l’orgasmo può rappresentare una soluzione innocua se vi si ricorrere in circostanze particolari, tuttavia, se reiterata, può divenire un’abitudine pericolosa, soprattutto all’interno di una relazione di coppia.

Lo svelamento della finzione al partner, con il passare del tempo può essere sempre più difficoltoso, poiché potrebbero subentrare vissuti di vergogna, sensi di colpa o timori che il proprio compagno possa sentirsi ingannato e preso in giro. Inoltre, se il partner viene tenuto all’oscuro rispetto al mancato raggiungimento dell’orgasmo, egli non potrà mai impegnarsi nel trovare modalità di stimolazione adatte e finalizzate al piacere della compagna. La donna invece, nel lungo periodo, potrebbe sperimentare forte risentimento e frustrazione verso il partner, sino ad arrivare all’evitamento dell’attività sessuale, oppure a ricercare la gratificazione sessuale all’esterno del rapporto di coppia.

L’intimità di coppia va coltivata in un clima di fiducia e complicità, è perciò fondamentale riuscire ad aprirsi con il proprio partner confrontandosi e co-costruendo una sessualità che possa essere gratificante per entrambi.

Parlare di sessualità, manifestare i propri desideri e le proprie preferenze può non essere sempre facile, talvolta rivolgersi a uno specialista può aiutare a comprendere i blocchi emotivi sottostanti e a trovare modalità efficaci per comunicare i propri bisogni in coppia.

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Bibliografia

Bernorio, R., Passigato, M. (2016) Il piacere al femminile. Miti e realtà della funzione orgasmica della donna, Franco Angeli, Milano.

Cooper E.B., Fenigstein A., Fauber R.L. (2014), “The Faking Orgasm Scale for Women: Psychometric Properties”, Arch Sex Behav, 43:423-435.

Kaighobadi, F., Shackelford, TK., Weekes-Shackelford V.A. (2012) “Do Women pretend Orgasm to Retain a Mate?”, Archives of Sexual Behavior, 41: 1121- 1125.

Muehlenhard, C. L.; Shippee S.K. (2010). “Men’s and Women’s Reports of Pretending Orgasm”. Journal of Sex Research, 46: 552-567.

FANTASIE SESSUALI. Il nostro immaginario erotico

La fantasia sessuale è un sogno ad occhi aperti che permette a chi la produce di immaginare cose, persone o situazioni che hanno per lui un alto potere erotico e sono in grado di eccitarlo.

LE FANTASIE sessuali sono parte integrante della SESSUALITA’ UMANA e il 95% delle persone dichiara di aver avuto almeno una fantasia sessuale nell’arco della propria vita (Leitenberg & Henning, 1995).

La fantasia sessuale, essendo proiezione di gusti sessuali soggettivi, può avere contenuti diversi:

  • Contenuto sessuale esplicito: riguarda interazioni o incontri di natura sessuale;
  • Contenuto oggettuale: l’elemento che provoca eccitazione è costituito da un oggetto inanimato (ad esempio un indumento) o da una parte del corpo;
  • Contenuto affettivo: manifestazioni di tenerezza, scambi affettuosi;
  • Contenuto simbolico: pensieri e fantasticherie legate, per esempio, alla dominazione o alla sottomissione.

Esistono inoltre le cosiddette FANTASIE PRIMARIE, ovvero quelle fantasie sessuali che in genere derivano dalle prime esperienze erotiche e che persistono nel tempo mantenendo il loro potere erotizzante. Sono quelle fantasie “sempreverdi” che occupano i primi posti nell’immaginario erotico di ciascuno.

Vi sono poi le FANTASIE SECONDARIE, quelle più effimere che si strutturano a partire da stimoli del quotidiano. Sono fantasie che durano meno nel tempo e vengono sostituite al mutare dei bisogni personali e delle circostanze.

Durante il rapporto sessuale nella fase eccitatoria le persone ricorrerebbero maggiormente alle fantasie secondarie, mentre nella fase preorgasmica a quelle primarie.

Durante l’orgasmo la produzione delle fantasie sarebbe nulla, questo perché l’orgasmo sarebbe autosufficiente in termini di appagamento.

A cosa servono le fantasie?

Le fantasie sessuali sono utili nel ravvivare o conservare l’eccitazione erotica, ma possono anche avere funzioni diverse:

  • Permettono una fuga dalla realtà, consentendo di immaginare situazioni che nella vita quotidiana sarebbero irrealizzabili;
  • Supportano l’autostima;
  • Consolidano l’identità di genere. Si pensi, ad esempio, alla fantasia maschile di affermare la propria virilità immaginando di fare sesso contemporaneamente con più donne;
  • Facilitano la sincronizzazione dei ritmi di risposta sessuale tra partner, per accelerare l’eccitazione o la risposta orgasmica.

Le fantasie non sono desideri

Fantasie che si scontrano con la morale comune o si discostano dal sistema personale di valori, possono innescare nella persona vissuti di disagio, imbarazzo o sensi di colpa.

Ma le fantasie sono diverse dai desideri!

Mentre il desiderio presuppone la volontà di realizzarne il contenuto la fantasia sessuale non necessariamente; ignorare questa distinzione può avere ripercussioni negative sulla nostra sessualità e quella di coppia.

E’ interessante a tal proposito uno studio di Bernorio (2015) che dimostra come spesso ciò che ci provoca una forte eccitazione a livello di fantasia, perda totalmente il suo valore erotizzante se immaginato concretizzato nella realtà.

Per esempio, la fantasia della donna “di essere posseduta con la forza da uno sconosciuto” aveva per molte donne intervistate un alto valore erotico, ma nessuna di loro avrebbe voluto realizzare concretamente tale fantasia nella vita reale.

E nella coppia?

All’inizio di un relazione sembrano essere più frequenti fantasie sessuali che coinvolgono il partner, mentre con il passare del tempo e con la consolidazione del rapporto, aumenterebbero le fantasie che si dissociano dalla realtà e coinvolgono nella loro rappresentazione partner diversi da quello attuale.

Questo fenomeno è utile alla coppia!

Attraverso l’immaginario erotico e le fantasticherie, si inseriscono nella routine situazioni nuove e stimolanti che possono rendere la vita sessuale più eccitante e differenziata. La fantasie sessuali possono dunque essere preziose alleate della nostra sessualità. E’ importante coltivarle e utilizzarle secondo le necessità personali e, perché no, condividerle con il partner in un clima di complicità e sperimentazione.

La condivisione delle proprie fantasie sessuali in coppia dipende molto dal grado di conoscenza del nostro partner, se pensiamo che alcune fantasie potrebbero turbarlo o metterlo in difficoltà si può procedere progressivamente svelandole piano piano e monitorando la sua reazione.

Aprirsi con il proprio partner, anche rispetto all’immaginario erotico, può ampliare l’area di fiducia della coppia e aumentare la complicità e la soddisfazione sessuale reciproca.

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ASCOLTA TE STESSO. L’ascolto consapevole

Tutti noi abbiamo uno strumento a portata di mano, prezioso perché che ci consente di entrare in risonanza con noi stessi e con gli altri, e quasi magico per gli effetti trasformativi che può sortire: l’ascolto.

Ascoltare davvero implica un atto di volontà consapevole, è un processo che richiede lucidità e coraggio ma necessità anche di accoglienza e gentilezza.

L’ascolto permette L’INCONTRO con il mondo dell’altro ma anche con la nostra interiorità. ASCOLTARSI è perciò concedersi degli attimi di intimità per incontrare se stessi.

Significa portare consapevolmente l’attenzione al nostro mondo interiore e identificare le emozioni presenti nel qui ed ora, riuscire a discriminarle e a dare loro un nome, sentirle nella loro potenza e intensità.

Ascoltare se stessi è come fare un bollettino meteorologico di ciò che sta accadendo in quel preciso istante dentro di noi:

Cosa sento in questo momento?”
Cosa sta accadendo dentro di me?”
Che emozioni contatto?”

ASCOLTARSI è accogliere ciò che sentiamo sospendendo il giudizio, significa assumere il ruolo di un osservatore interno che ammira il proprio panorama emotivo con rispetto e curiosità.

Per allenare un ascolto consapevole possiamo iniziare dedicandogli intenzionalmente un momento durante la giornata: la sera, ad esempio, quando rientriamo a casa e ci sentiamo liberi dalle distrazioni della giornata, troviamo una posizione comoda, chiudiamo gli occhi e restiamo qualche istante in ascolto di ciò che accade dentro di noi.
Ci ritagliamo qualche minuto per contattare, non giudicandole, tutte le emozioni che ci attraversano.

Possiamo ricorrere all’ascolto consapevole in qualsiasi momento della nostra vita, e può esserci di aiuto quando ci sentiamo più vulnerabili, come a seguito di un litigio, e percepiamo che qualcosa a livello emotivo si muove e ci disturba ma non riusciamo a identificarlo con chiarezza.

Quando siamo arrabbiati, per esempio, possiamo pensare alla nostra rabbia come la punta di un iceberg, sotto di essa, nella parte sommersa, si nascondono spesso emozioni diverse come delusione, tristezza, frustrazione, vergogna, senso di colpa o impotenza.

L’ascolto consapevole ci permette di cogliere cosa succede sotto la superficie, e distinguere con maggior chiarezza il nostro vissuto emozionale.

L’ascolto consapevole ci consente inoltre di:

  • Sviluppare maggior consapevolezza di noi e aumentare la confidenza con le nostre risposte emotive;
  • Allenare un atteggiamento curioso e non giudicante rispetto a ciò che accade;

  • Recuperare
    il contatto con il il nucleo più profondo del Sè, quella parte di
    noi più ancestrale e saggia, che riguarda il nostro sentire più
    autentico.

Lo sapevi che la pratica del TRAINING AUTOGENO può favorire l’ascolto consapevole e apporta numerosi altri benefici sul piano psicofisico?

Il Pacchetto Training Autogeno Base che propongo, comprende 4 sedute da 60 minuti l’una a cadenza settimanale, precedute da un primo colloquio conoscitivo per personalizzare il percorso in base alle caratteristiche della persona.

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ANSIA SESSUALE. Cos’è e perché si manifesta

Immaginiamo i momenti che precedono l’incontro sessuale con un nuovo partner, magari abbiamo fantasticato a lungo su quel rapporto, siamo carichi di aspettative e tensioni, ci sentiamo in ansia, e la nostra prestazione sessuale è compromessa.

Questa è una situazione che tutti più o meno possiamo aver sperimentato, in cui l’ansia è una risposta comune a una situazione a noi sconosciuta e carica di significati.

Ma quando l’ansia fa male alla sessualità?

L’ansia nella sessualità è disfunzionale quando accompagna regolarmente i nostri rapporti sessuali tanto da ostacolare o addirittura non permettere l’attività sessuale.

L’ansia sessuale può incidere sul tono dell’umore, incrinare l’autostima e interferire con il benessere sessuale di coppia.

Quali tipi di ansie sessuali esistono?

1. LA PAURA DELL’INSUCCESSO

La paura dell’insuccesso è il timore di fallire o rivivere un fallimento già sperimentato in passato.

Si pensi a un uomo che fatica a raggiungere o mantenere l’erezione durante un incontro sessuale, e che può sperimentare sul momento vissuti di forte imbarazzo e di vergogna. Questa memoria del fallimento potrà accompagnarlo anche nell’incontro successivo, che, con buona probabilità, verrà vissuto con ansia anticipatoria e fantasmi di insuccesso. In questo modo si alimenta un circolo ansioso che tende a persistere nel tempo e a cronicizzarsi.

Oppure si immagini un uomo che si confronta con un episodio di eiaculazione precoce e che scorge delusione sul volto della partner e sperimenta successivi sentimenti di colpa. Tale vissuto potrà incoraggiare, nell’incontro sessuale successivo, l’assunzione di un controllo ossessivo sulla durata, amplificato dall’imperativo tirannico del “devo durare un po’ di più”, con la spiacevole conseguenza di mantenere o peggiorare la condizione problematica nel tempo.

La paura dell’insuccesso non dipende tanto dalla défaillance sessuale in sé, ma da come questa viene vissuta dalla persona e dal significato che le viene attribuito.

Insicurezza, bisogno di eccellere, strutture di personalità narcisistiche o ossessive, possono sostenere o alimentare la paura del fallimento sessuale.

2. L’ANSIA DA PRESTAZIONE

L’ansia da prestazione si attiva a seguito della pressione reale o supposta data dalla richiesta di una prestazione sessuale.

La richiesta può trovare riscontro nella realtà ed essere attivata da pressioni da parte del partner, ma può anche rispondere a bisogni personali come quello di sentirsi sufficientemente adeguati.

Ciò significa che talvolta siamo noi che ci autosabotiamo: la nostra esigenza di impressionare il partner o di sentirci all’altezza della situazione ci rema contro e ci squalifica, compromettendo la prestazione sessuale.

3. L’ECCESSO DI ALTRUISMO

Preoccuparsi della soddisfazione sessuale del partner è certamente un aspetto positivo per la sessualità di coppia, ma può costituire un problema quando dare piacere all’altro diviene un pensiero ossessivo e la propria soddisfazione sessuale viene ignorata. La sessualità poggia su un delicato equilibrio tra il dare e il ricevere, e riuscire a preservare un sano egoismo sessuale è funzionale al benessere di coppia.

Il bisogno di compiacere il partner a tutti i costi, potrebbe nascondere ferite interiori profonde, disistima, tratti o strutture di personalità dipendente o timore di essere scartati e abbandonati.

L’ansia sessuale riguarda anche le donne

L’ansia sessuale nell’immaginario comune viene rappresentata come un fenomeno unicamente maschile, ma può riguardare anche l’universo femminile.

Vi sono donne, ad esempio, che per sentirsi sessualmente adeguata o non deludere il partner credono di dover per forza raggiungere l’orgasmo in ogni incontro sessuale. Questa credenza potrà facilmente sfociare in ansia anticipatoria prestazionale, andando a interferire con l’abbandono alle sensazioni erotiche, e ostacolando, di fatto, il raggiungimento dell’orgasmo.

Prestare ascolto all’ansia sessuale

L’ansia sessuale nelle sue differenti manifestazioni è un messaggero che sta cercando di comunicarci qualcosa di noi; per questo, invece che accanirsi nel volerla eliminare nell’immediato, è importante accoglierla e comprenderla nei suoi significati. Prestare ascolto all’ansia sessuale, nelle sue molteplici forme, è il primo passo per riuscire a gestirla in maniera efficace e tornare a godere della propria sessualità.

Talvolta può essere difficile risolvere l’ansia sessuale da soli, rivolgerti a uno specialista ti permetterà di inquadrare correttamente la problematica e acquisire gli strumenti adatti per gestirla.

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Bibliografia
Kaplan, H.S. (1976) Nuove terapie sessuali, Bompiani, Milano.